giovedì 30 novembre 2017

(I) la mano artificiale nella LETTERATURA NARRATIVA


Si tratta di un racconto umoristico di Michele Andreoli riguardante una mano bionica costruita in Italia che ha dato modo di ampliare il mondo della letteratura narrativa. 
Nel testo si narra che durante una fiera dedicata alla robotica la mano si anima di vita propria creando un caso diplomatico. Il padiglione della "robotica" era posizionato tra lo stand KEBA Corporation e Kawasaki Robotics (succursale americana della casa madre nipponica) a riprova del livello di considerazione cui la robotica italiana, del tutto ignorata in patria, era tenuta nel paese del Sol Levante. 
Il padiglione era affollato da gente di tutti i generi, esperti del settore, turisti, curiosi e spie industriali; nel mentre la dottoressa Elisa Signorini, che aveva costruito il dispositivo, presentava la rivoluzionaria mano artificiale. Questa se ne stava ferma lì, circondata da cavi di vario colore, con le falangi di metallo cromato semiaperte, il palmo rivolto verso il basso e i buffi polpastrelli di gomma morbida sollevati a mezz'aria, come "la mano di Adamo nel Giudizio Universale di Michelangelo".
Nella sua presentazione, la dottoressa descriveva le caratteriste generali dell'arto bionico, orgoglio della robotica italiana. Tuttavia, qualcuno del pubblico le fece qualche domanda ma l'attesa di una risposta era talmente evidente che la dottoressa decise di passare ad una dimostrazione vera e propria: fatto un piccolo inchino si recò verso il tavolo dov'era il computer di controllo e schiacciò il tasto F4 (probabilmente chiuse via la presentazione). 
Sarcasticamente si potrebbe credere che il significato di tutto questo stesse nel fatto che, nonostante la robotica italiana poteva essere per la dottoressa motivo di grande orgoglio e competenza, la sua preparazione non era sufficiente addirittura a sostenere la portata delle domande del pubblico.



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